Conoscere i manoscritti aldrovandiani.
Il progetto di catalogazione della Biblioteca Universitaria di Bologna

Adriana Paolini

Università di Trento

adriana.paolini@unitn.it

/ Abstract

Obiettivo del saggio è dare conto del lavoro di catalogazione dei manoscritti di Ulisse Aldrovandi, le cui schede di descrizione sono disponibili su Manus Online, il catalogo a cura dell’Istituto centrale per il catalogo unico (MIC), e di aprire una discussione in relazione alle scelte fatte, e continuamente rivalutate, per descrivere manoscritti difficili da interpretare quali sono quelli aldrovandiani. I manoscritti prodotti da Ulisse Aldrovandi e dai suoi collaboratori conservano perlopiù il risultato delle sue ricerche, dalle relazioni sui fenomeni naturali alle miscellanee di estratti dai testi consultati. La complessità delle ricerche e dei riferimenti ha portato lo studioso bolognese a organizzare indici dei contenuti, elenchi degli autori e delle opere consultati e anche tavole sinottiche con cui ha riassunto e schematizzato il percorso di ricerca su ogni argomento affrontato.

The aim of the essay is to give an overview of the cataloguing work of the manuscripts published on Manus Online, the catalogue edited by the Istituto centrale per il catalogo unico (MIC), and to open a debate in relation to the choices made, and continually reviewed, to describe manuscripts that are particularly difficult to comprehend, such as Aldrovandi’s. The manuscripts produced by Ulisse Aldrovandi and his assistants mostly preserve the results of his research, from reports on natural phenomena to miscellany of extracts texts he consulted. The complexity of the research and references led the Bolognese scholar to organise indices of the contents, lists of the authors and works consulted, and even synoptic tables with which he summarised and schematised the research path on each subject he approached.

/ Keywords

Ulisse Aldrovandi; Manuscripts; Cataloguing.

Ulyssis Aldrovandi et amicorum

(sulla condivisione del sapere)

1. Introduzione

In occasione del 500° anniversario della nascita di Ulisse Aldrovandi (1522–1605), nei primi mesi del 2022 hanno preso avvio il Progetto dell’Edizione nazionale delle opere aldrovandiane e il Progetto Presidenza del Consiglio dei ministri “Anniversari nazionali” per le “Celebrazioni del 500° anniversario della nascita di Ulisse Aldrovandi” a cura del Sistema Museale di Ateneo della Università di Bologna.

Tra le diverse iniziative sono comprese anche quelle coordinate dalla Biblioteca Universitaria di Bologna (BUB) che porteranno alla ricostruzione ‘virtuale’ della biblioteca di Aldrovandi e che prevedono, come necessari punti di partenza, la catalogazione dei manoscritti e la valorizzazione del patrimonio librario a stampa; in parallelo procedono la digitalizzazione dei manoscritti, in collaborazione con il Museo Galilei di Firenze, e l’inventariazione da parte dei ricercatori del Museo di Palazzo Poggi degli oltre 17mila oggetti che Aldrovandi aveva raccolto per il suo museo.1 I lavori progrediscono in autonomia ma è già possibile incrociare i primi risultati che stanno portando ad approfondire studi avviati e a individuare nuove direzioni di ricerca.

In questo saggio si darà conto della catalogazione dei 382 manoscritti di Aldrovandi conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna, le cui schede di descrizione sono disponibili nel Catalogo dei manoscritti delle biblioteche italiane Manus Online, curato dall’ICCU.2 Dalla pubblicazione del catalogo curato da Lodovico Frati nel 1907 è questa la prima volta in cui viene affrontata la sistematica descrizione del materiale.3

La catalogazione dei manoscritti, condotta da chi scrive, è ancora in corso ma si vorrebbe qui rendere ragione delle scelte di questo lavoro, per aprirle a un tavolo di discussione. La particolare natura dei manoscritti, infatti, ha portato a rivalutare in itinere i criteri e i propositi considerati in fase di progettazione.4

2. Descrivere i manoscritti

Obiettivo e, insieme, punto di partenza delle pratiche di tutela, conservazione e valorizzazione dei beni culturali è l’approfondita conoscenza degli oggetti e dei documenti i quali − è bene ricordarlo − realizzano l’identità di una persona e di una comunità.5

Per conoscere, dunque, bisogna individuare gli strumenti che consentano di comprendere l’oggetto da studiare e tutelare, così come l’ambiente che l’ha prodotto e il contesto che lo sta conservando. Questo vale per ogni bene culturale, e anche per i manoscritti su cui si sta ragionando.

Un libro, manoscritto o a stampa, è un processo collettivo, espressione e risultato di una cultura materiale e intellettuale, antropologica e sociale. Va da sé, quindi, che è necessario assumere un approccio multidisciplinare per riconoscere, definire e valutare i contenuti di un manoscritto che, a loro volta, veicolano messaggi.

L’utilizzo del plurale per indicare ciò che un manoscritto (un libro) contiene non è un refuso. Quando si pensa al contenuto di un manoscritto si tende a considerare il testo principale, mentre è necessario prendere atto della presenza di molti e diversi contenuti: si tratta di altri testi, come nel caso dei commenti organizzati intorno a un’opera − i quali, a volte, portano con sé il problema di saper individuare quale sia il testo principale e quale quello secondario −, oppure degli apparati decorativi o illustrativi presenti all’interno del medesimo codice. Sono contenuti anche le note marginali del copista e/o del lettore e gli elementi paratestuali quali le scritture e la disposizione del testo o dei testi sulla pagina, perché anche questi dipendono da scelte nate dalla volontà/necessità di comunicare con efficacia un messaggio.6

Le caratteristiche di un libro, inoltre − le dimensioni, le forme, i materiali, l’impostazione della pagina, lo stile decorativo − sono sempre strettamente legate tra loro e sono anche fortemente connesse ai testi, naturalmente, ma soprattutto all’ambito nel quale il libro avrebbe dovuto circolare e trovare consenso.

Mi pare chiara, così, l’importanza di considerare inscindibili contenuti e contenitore ogni qual volta si affronti la descrizione e lo studio di un manoscritto.

La difficoltà nella catalogazione di un manoscritto non si esaurisce nella descrizione dell’oggetto (descrizione esterna) e dei testi (descrizione interna), nella ricostruzione della storia del manoscritto e nello spoglio della bibliografia relativa al codice che si sta studiando.7

Il lavoro sarebbe infatti inutile se non si riuscisse a rendere fruibili le informazioni a tutti coloro che consultano le descrizioni, a prescindere dalle competenze e dagli obiettivi. Avere presente tale finalità impone riflessioni e analisi che partono da regole condivise, legate all’organizzazione della scheda e al linguaggio da utilizzare, e che per chi cataloga devono essere riferimenti obbligati.8 I dati essenziali, infatti, sono definiti dallo standard cui si decide di far riferimento, oltre che dal livello di descrizione (inventariale, sommario, analitico) da dare alle schede che viene stabilito quando si scrive il progetto di valorizzazione.

Le scelte (i giudizi) che precedono ogni progetto − dalla selezione del fondo da schedare alla definizione del singolo dato da evidenziare, ma anche alla nuova ‘forma’ da dare alla scheda di un database per una pubblicazione cartacea − sono il frutto di riflessioni, ripensamenti, approfondimenti e confronti che hanno come obiettivo la rappresentazione (non la riproduzione) del manoscritto. Un catalogo di manoscritti, per questo, potrebbe essere considerato un vero e proprio epitesto, che fornisce dati per conoscere un manoscritto e per comprenderne il processo di fattura, le finalità e perciò la funzione e gli usi, e che ne indirizza l’interpretazione.9 La descrizione offre allo studioso un primo orientamento: si direbbe scontato, infatti, che l’analisi autoptica dell’oggetto sia la parte necessaria e la più interessante della ricerca.

Non è certo questa la sede per una trattazione sulla catalogazione, ma è importante mettere in evidenza come sia da considerare una vera e propria attività di ricerca: secondo William Jerome Wilson la descrizione dei manoscritti può essere considerata “as an essential part of the major intellectual efforts of modern scholarship”.10

3. I manoscritti di Ulisse Aldrovandi

I manoscritti aldrovandiani, come detto, sono 382; a questi vanno aggiunti i diciotto codici con le tavole acquerellate e a tempera raffiguranti piante, fiori, frutta, animali e mostri, e l’Erbario secco, conservato presso l’Orto botanico, contenente oltre 5000 campioni di piante ordinate in quindici volumi.11 Sugli scaffali della Biblioteca Universitaria, inoltre, sono stati ritrovati finora almeno trenta manoscritti di provenienza aldrovandiana, non ancora descritti.12

I codici di Aldrovandi conservano il risultato delle sue ricerche. Si possono consultare relazioni dall’osservazione diretta dei fenomeni naturali e miscellanee di estratti da testi scientifici, letterari, di carattere religioso (molto presente la Bibbia), in cui sono stati trattati, o anche solo citati, gli argomenti da lui ritenuti interessanti.

Poderosi volumi sono dedicati alla corrispondenza, sia ricevuta sia inviata, sia in originale sia trascritta dai suoi collaboratori;13 nella maggior parte le lettere contengono vere e proprie disquisizioni scientifiche, inviate ad altri studiosi, italiani e stranieri, come il Mattioli, Luca Ghini, Gabriele Falloppio e Joachim Camerarius il Giovane, oppure a personaggi autorevoli che avrebbero potuto aiutarlo nel prosieguo del suo lavoro, tra i quali i fratelli Paleotti, Gabriele, arcivescovo di Bologna, e Camillo, il senatore che molto l’aiutò anche nella creazione dell’orto botanico a Bologna, e i Granduchi di Toscana Francesco I e Ferdinando I de’ Medici.14

La complessità delle ricerche e dei riferimenti porta Aldrovandi a organizzare indici dei contenuti, elenchi degli autori e delle opere consultati ma anche tavole sinottiche con cui riassume e schematizza il percorso di ricerca su ogni argomento affrontato.15 Si può dire che Aldrovandi esplori e utilizzi tutte le possibilità di quell’ars excerpendi che trovava applicazione, soprattutto in relazione agli studi scientifici, tra Quattro e Cinquecento, nell’elaborazione di strumenti utili a organizzare saperi enciclopedici, per una più efficace condivisione e consultazione delle conoscenze e per agevolare la ricerca di studenti e di altri studiosi: “ad commodiorem posterorum instructionem”.16

Per dare conto della vastità degli argomenti e dell’organizzazione dei volumi manoscritti, si porta a esempio il ms. 34 che contiene l’opera Admirandorum naturae et artis historia,17 alla quale sono legati anche i mss. 35, 36, 37, contenenti rispettivamente un’Appendix, la Methodus con le tavole sinottiche, l’indice degli argomenti (Fig. 1). Nei sette volumi del ms. 38/1, inoltre, sono raccolte e incollate alla pagina, in ordine alfabetico, schedine di varie dimensioni realizzate dagli amanuensi che collaboravano con Aldrovandi e da Aldrovandi stesso.18

Fig. 1. BUB, ms. Aldrovandi 36, c. 1r: Methodus.

Su di esse si leggono sintetiche indicazioni, risultate dallo spoglio dei numerosi libri utilizzati per la redazione del ms. 34; nei tomi del ms. 38/1 − e in tutti i volumi contenenti le schedine − le citazioni si stratificano, anche in un tempo successivo all’allestimento del manoscritto, con aggiunte di altre strisce di carta e di annotazioni apposte direttamente sul foglio.

I cinque tomi del ms. 34 sono idiografi, come lo è la maggior parte dei manoscritti, e Aldrovandi ne affida la redazione ad almeno due amanuensi e comunque interviene nella stesura dei volumi con correzioni a margine e integrazioni di testi. Gli argomenti che qui vengono trattati sono molteplici, intrecciati fra loro, anche letteralmente: si alternano senza soluzione di continuità descrizioni di animali estratte da opere scientifiche e letterarie, osservazioni sulle piante, riflessioni su strategie militari (ms. 34.IV, c. 592v: Exercitatio mirabiles reddit uires in bello; c. 595r: Exercitatio in militia quantum possit; c. 606r: Exercitatio in militia quantum valeat), trascrizioni di corrispondenza. Nel secondo tomo del ms. 34 una serie di estratti di opere di diverso genere va sotto il titolo di Admirandorum farraginis tom. 2 (c. 356r ): il termine farrago, usato per indicare una mescolanza di erbe diverse utilizzata per il bestiame, ma anche, in senso figurato, una moltitudine confusa di cose eterogenee, è spesso presente in questo e in altri volumi (per esempio il ms. 83/1 porta il titolo di Farrago Historiae papyri), a indicare ampie sezioni in cui Aldrovandi raccolse e fece raccogliere testi su argomenti diversi, forse aggiunti in un momento in cui il manoscritto era stato già allestito o inseriti in questo modo per praticità, perché non c’era la possibilità o il tempo di riorganizzare tematicamente il tanto materiale (Fig. 2).

Fig. 2. BUB, ms. Aldrovandi 34.II, c. 356r.

Aldrovandi concretizza, così, il suo desiderio di arrivare a tutte le informazioni sugli argomenti che lo interessano, acquisite nella lettura di autori antichi e contemporanei, e che egli ritiene la base irrinunciabile da cui partire per nuovi ragionamenti. È una concezione della conoscenza condivisa con altri studiosi del suo tempo, ma che in lui sembra assumere particolari urgenze.

Un altro esempio. Il ms. 21/3 è un composito con ventidue unità codicologiche, redatte da almeno otto amanuensi. Nel volume sono raccolti testi relativi alla disputa tra lo scienziato bolognese e il Collegio di medicina e arte di Bologna sulla composizione della teriaca (cc. 70r–115v, 133r–199r, 209r–483v),19 commenti sulle opere di Ippocrate (cc. 58r–62r, 507r–516v, 522r–528r) e una trascrizione Ex libro Criminalium carcerum alme Ciuitatis Bononiae anno 1559 die 21 martii, contenente l’interrogatorio di Domenica Malatesti di Bologna che venne accusata, insieme ad altre tre donne, di sortilegi ad amorem (cc. 28r–36r).20 L’interrogatorio è preceduto da tre indici relativi a opere in cui sono state reperite informazioni sulle cose inanimate21 (Fig. 3).

Fig. 3. BUB, ms. Aldrovandi 21/3, c. 133r: Narratione breuissima di tutto il fatto et successo seguito per il quale si mostra quanto iniustamente siano stato (sic) priuati del uno et l’altro Collegio cioè d’Arte et Medicina, l’Ecc.te Alberghino et Aldrouando et per che questa priuatione ha havuto la sua origine della perfetta theriaca di S.to Saluat.re fatta l’anno del MD.LXXIII essendo l’Alberghino et Io protomedici però cominciaremo da quella et successiuam.te insino alli 22 di questo mese s’esplicarà tutto il fatto realm.te per il quale si conoscerà con quanta passione et odio particolare si siino gouernati alcuni Dottori particolari, sotto pretesto di Collegio per conseguire il loro straordinario et iniquissimo apetito, gouernato dalli propri affetti et passioni

Anche nel ms. 21/3 sono presenti le trascrizioni di corrispondenze, tra cui lo scambio di lettere tra Aldrovandi e il medico e botanico tedesco Joachim Camerarius il Giovane (cc. 118r–122v, datate al 1579), nel quale si leggono anche alcune riflessioni sull’importanza dell’orto pubblico a Bologna, fondato nel 1568, da lui fortemente voluto.22 Segue lo scambio con Marcin Fox, medico polacco e suo ex allievo (cc. 122r–126r), e Mikolaj Firlej, uno starosta polacco che Aldrovandi ringrazia personalmente per avergli mandato, con il tramite di Fox, alcune tavole illustrate con le immagini di animali, tra cui l’alce, l’orso e il bisonte (c. 126r–v).23

Gli interventi di Aldrovandi e l’impiego degli stessi copisti per unità diverse lascia intendere che il volume 21/3 possa essere stato allestito in tempi prossimi alla scrittura − ma l’allestimento dei volumi presenta numerosissime incognite, come si dirà − e il rilevamento delle stesse filigrane, cioè degli stessi tipi di carte, presenti in più fascicoli, conferma l’idea di un lavoro di copia se non simultaneo, almeno organizzato nello stesso luogo e con il medesimo supporto cartaceo a disposizione. È lui stesso a precisare, infatti: “Ho tre uomini in casa che di continuo scrivono”. 24

Sono frequenti, comunque, gli interventi dello stesso Aldrovandi per completare e correggere il lavoro dei suoi copisti, anzi a volte troviamo la sua scrittura che si alterna a quella dei collaboratori: si può facilmente immaginare la sua presenza a sovrintendere al lavoro di copia. Nella collezione sono presenti anche manoscritti del tutto autografi, per esempio quelli delle sue lezioni universitarie.25

Alla sua morte, nel 1605, Ulisse Aldrovandi lasciò il proprio patrimonio librario e il museo al Senato di Bologna, dando precise indicazioni sulla collocazione dei libri così come sulla loro cura e sorveglianza. Riportiamo qui, per comodità del lettore, alcuni passaggi dal suo testamento (1603), edito da Giovanni Fantuzzi:

[…] voglio che sia eletto un luogo atto per il mio Museo et Studio de’ libri stampati et quei delle pitture […]. Quale studio dovrà esser diviso nelle stanze con ordine sequente: primieramente una per tutti i libri, opere mie scritte a pena finite e non finite. La seconda stanza sia di tutti i libri stampati secondo l’ordine del luogo, numero, che sono tutti registrati nella loro Biblioteca. La terza sia di tutte le cose naturali attaccate parte al tassello, al muro, nelle scaffe et a cornici. […]

Avvertendo, che tutti li scritti miei siano posti in stanza separati dalli libri stampati, o in armarj, acciò non siano tolti et maneggiati da ciascuno, se non da deputati solo per eseguire la mente mia nelle composizioni et ordinationi, acciò si stampino.26

Le sue disposizioni vennero finalmente accolte nel 1617, quando la raccolta libraria e gli oggetti del museo furono sistemati nelle stanze appositamente allestite dal Senato di Bologna nel Palazzo Pubblico.27

Nel 1742 vennero trasferiti all’Istituto delle Scienze, fondato nel 1712 da Luigi Ferdinando Marsili (1658–1730), per volontà del papa Benedetto XIV; in questa occasione ne venne fatto un inventario sommario.28 Nel 1747 l’Assunteria dell’Istituto incaricò Lodovico Montefani, bibliotecario dal 1747 al 1785, di sistemare i libri dell’intera biblioteca conservata nelle stanze di Palazzo Poggi, dividendoli e classificandoli secondo le materie, ciò che egli fece con tale acribia che in alcuni casi divise e riallestì alcuni volumi compositi. I manoscritti furono collocati a parte.

Questa operazione, che si concluse nel 1755, portò alla dispersione della biblioteca aldrovandiana ‒ come delle altre collezioni che nel frattempo erano arrivate all’Istituto e che subirono lo stesso trattamento ‒ non solo all’interno della biblioteca dove i libri di Aldrovandi furono mescolati a quelli di altri ma anche altrove, quando si cominciò a scambiare o vendere alcuni esemplari come doppi. Montefani redasse un inventario dei libri e dei manoscritti aldrovandiani, anche questo organizzato per materie e costituito da ventinove fascicoli contenuti in due buste, conservate nella BUB senza segnatura.29

Dopo il riordino di Montefani, la Biblioteca dell’Istituto subì ulteriori interventi e la disposizione dei libri venne cambiata più volte, con grandi difficoltà nella redazione di un catalogo soddisfacente. Ancora oggi i manoscritti presentano il numero che venne assegnato loro da Liborio Veggetti, bibliotecario dell’Istituto di Scienze dal 1838 al 1866, che numerò in ordine progressivo (seguendo l’ordine alfabetico) le schede contenute nel catalogo di Lodovico Montefani, redatto, come detto, nel 1755.30

I manoscritti aldrovandiani, infatti, corrispondono al n. 124 del catalogo alfabetico dei manoscritti della Biblioteca: per la catalogazione in Manus Online, nel campo dedicato alla denominazione del fondo si è optato per indicare il nome di Aldrovandi, e non il n. 124, per una più immediata identificazione dei materiali e per coerenza con le citazioni dei manoscritti finora utilizzate da bibliotecari e studiosi.31

4. Catalogare i manoscritti aldrovandiani

Di fronte a un materiale così complesso, e corposo, trovare l’equilibrio tra le esigenze della ricerca scientifica, che auspicherebbe gli importanti approfondimenti, e i concreti limiti di tempi e di risorse richiesti dalle istituzioni non è affatto semplice, anche perché i progetti si scrivono ma poi, come sa bene chi lavora con i manoscritti, la realtà e le prospettive possono cambiare.

I manoscritti aldrovandiani, lo si è ripetuto, sono catalogati nel database Manus Online e questo permetterà aggiornamenti e precisazioni anche dopo la chiusura ufficiale dei lavori, dal momento che, tra gli obiettivi di conoscenza e di valorizzazione, il progetto di catalogazione ha anche quello di porsi quale punto di partenza per ulteriori percorsi di ricerca i cui risultati andranno ad aggiornare le schede.

Le caratteristiche dei manoscritti, valutate a priori, hanno sollecitato alcune scelte catalografiche. In fase di progettazione avevo proposto, per esempio, di mettere in evidenza soprattutto il contenuto e, da un punto di vista codicologico, oltre agli elementi ritenuti essenziali (materiale, consistenza, dimensioni, fascicolazione, specchio di scrittura, legatura), le unità che non sono legate al contesto, per esempio quelle databili a epoche precedenti (è il caso, finora unico, del ms. 39).32

A lavoro avviato, ecco dunque i primi ripensamenti.

Rispetto al progetto iniziale ho ritenuto opportuno dare più spazio alla riflessione sui dati materiali: la fascicolazione, la segnatura dei fascicoli e la disposizione del testo a seconda della tipologia dei contenuti sono diventati elementi dal quale desumere l’organizzazione non solo del lavoro di copia e di allestimento dei codici, ma anche del metodo di ricerca sperimentato da Aldrovandi e condiviso con i suoi collaboratori.

Anche la descrizione delle filigrane ha assunto un nuovo significato quando, in seguito alle ricerche sui repertori più importanti, ho potuto constatare l’assenza in essi di buona parte dei motivi presenti sulle carte. A oggi ho potuto rilevare almeno cinquanta filigrane che si ripetono in più manoscritti e che spesso si alternano nello stesso manoscritto, a dimostrazione di una grande quantità di carta a disposizione degli amanuensi, proveniente dagli stessi fornitori.33

L’organizzazione dei manoscritti rende necessaria anche una certa cautela sulla datazione.34 Infatti, anche se sulle pagine dei codici sono presenti delle date, in realtà non sappiamo quando siano stati copiati i testi, perlopiù idiografi, come si è detto: fanno eccezione, per esempio, le lettere ricevute, a volte autografe, e le lezioni universitarie di mano di Aldrovandi, che comunque riferiscono le date delle singole lezioni, e, naturalmente, i (pochi) manoscritti in cui si leggono le sottoscrizioni dei copisti. Solo in alcuni casi le date presenti si riferiscono esplicitamente alla fine del lavoro di copia, per esempio nel ms. 29, che contiene l’Index variorum authorum uniuersorum quos habeo et habiturus sum in alphabetico ordine describuntur et describentur indices anno 1558 et successiue hic omnes apponentur ut ad manum haberi possint.35 A c. 307r si legge la sottoscrizione di un copista che data la fine del lavoro: “Finem tandem auxiliante Deo sum consecutus die 14 Augusti 1580”. In ogni caso, raramente è possibile dire quando siano stati allestiti i manoscritti, cioè quando quelle unità, spesso molto diverse nei contenuti e sulle quali hanno lavorato più persone, siano state legate insieme.

Le datazioni si riferiscono a singole unità codicologiche e all’interno di uno stesso codice possiamo avere date anche lontane fra loro, come per il ms. 40, all’interno del quale ci sono tavole sinottiche datate al 1551 (cc. 91v, 96v e 101v) ma anche un foglio a stampa pubblicato nel 1592. Si ipotizza, perciò, che gli amanuensi abbiano lavorato separatamente per poi unire il materiale in base agli argomenti, quando possibile, cioè quando la farrago non fosse risultata troppo complessa.

Ampio arco cronologico anche per i cinque volumi del ms. 12, contenenti la Ornithologia generalis: per datare i manoscritti ho desunto una data iniziale, il 1587, anno di inizio del lavoro di raccolta delle informazioni che si legge a c. 1r del ms. 10.I (22 Nouembris 1587 auspicata), legato al ms. 12 come anche i mss. 11, 13 e 14. Il terminus ante quem è, invece, individuabile nel 1599, anno della pubblicazione dell’opera Ornithologiae hoc est De auibus historiae libri 12, 1599–1603, per la quale Aldrovandi ha utilizzato i testi contenuti nei cinque volumi del ms. 12.36

Quando il materiale sia stato unito, però, non è possibile dirlo a meno di rilevare esplicite dichiarazioni, come visto poc’anzi. Aiuta, quando presente, l’indice dei testi contenuti aggiunto sulle carte di guardia sempre dalla stessa mano, coeva, in moltissimi codici e l’indicazione di autore e titolo sul taglio di piede, su cui si tornerà. La legatura dei codici manoscritti è raramente quella originale e non serve a individuare il momento in cui le unità siano state finalmente legate insieme.

È lampante, a questo punto, come anche i testi siano un problema. In alcuni codici le opere contenute sono di un consistente numero (per esempio, sono cinquantotto i testi individuati nel 21/3, già citato, trentanove nel ms. 44, 115 nel ms. 21/5)37 e non sempre sono identificabili. Per questo si è ritenuto necessario, anche per non disorientare gli studiosi che già hanno lavorato sui codici, riferirsi ai titoli dati dal Frati nel suo catalogo e che lui in parte desume dal manoscritto (anche se non dà conto delle opere che non riesce a leggere) o dai titoli attribuiti nel corso del riordino settecentesco.

Per la scheda in Manus ho ricontrollato e completato tutti i dati contenuti nel catalogo del Frati, anche con i titoli da lui non citati, e ho integrato la descrizione interna con l’indicazione di incipit ed explicit, aggiungendo, dove possibile, i rimandi ad altri manoscritti contenenti lo stesso testo, a volte trascritto con variabili più o meno significative.38

Per risolvere la farrago dei manoscritti aldrovandiani, ho pensato di collegare i manoscritti, rispetto a particolari tematiche ricorrenti, grazie allo spazio dedicato agli ‘Elementi di raggruppamento’ che Manus mette a disposizione. È in corso, per questo, l’elaborazione e la sperimentazione di un elenco di parole chiave con termini di ampio respiro (botanica, zoologia, medicina, ecc.), utili anche per la costruzione dei metadati delle digitalizzazioni, ma sto ragionando sulla possibilità di collegare argomenti più specifici. Solo per fare un esempio, la presenza in diversi codici di testi, relazioni, lettere, copie di documenti ufficiali legati alla questione della teriaca meriterebbe, a mio parere, di essere messa in evidenza.39

Questi sono solo alcuni dei macro-problemi posti dalla catalogazione dei manoscritti di Aldrovandi, ma sono forse sufficienti per ribadire da un lato la complessità del lavoro di descrizione, dall’altro la ricchezza dei nuovi spunti di lettura degli stessi dati codicologici.

5. Ipotesi di ricerca

La descrizione dei manoscritti ha suggerito altre direzioni di ricerca oltre quelle già praticate dagli storici che indagano i contenuti.

Si è già accennato all’opportunità di rilevare le filigrane per ricostruire la provenienza della carta che Aldrovandi si procurava in grande quantità per metterla a disposizione dei suoi collaboratori. Chiarire la provenienza della carta non porterebbe luce solo sull’attività del gruppo aldrovandiano, ma se si allargasse la ricerca alle carte usate in altri ambiti e nello stesso periodo, magari dai notai, che potrebbero avere tra i loro documenti anche contratti o ricevute per l’acquisto del supporto scrittorio, si potrebbero approfondire le dinamiche di relazione e di commercio della carta, e non solo, della città di Bologna nel Cinquecento.40

Un’ulteriore prospettiva è quella di ricostruire l’organizzazione del gruppo di lavoro che collaborava con Aldrovandi, composto in particolare da studenti e studiosi. Si è detto che nella sua casa dovessero lavorare almeno tre persone in contemporanea: l’alternanza nello stesso manoscritto, a volte all’interno dello stesso fascicolo, e addirittura della stessa pagina, di più mani non può che confermare questa ipotesi, anzi, avvalorerebbe l’idea di una quotidiana attività di più amanuensi che lavoravano contemporaneamente o alternandosi.

Alcune delle mani presenti nei manoscritti sono riconoscibili come quelle di Vittorio Filippini e Andrea Biancolino, tra i più assidui collaboratori di Aldrovandi, che lasciano la loro sottoscrizione nei codici, il primo nel ms. 22 (c. 166r: “Ego Victorius Philippinus de Roccha Contraria, Consiliarius in Almo Bononiæ Gymnasio, pro Prouincia Marchiæ, descripsi manu mea. Bononiæ Mense Aprili (sic) MDLXXIII”) e il secondo nel ms. 38/1.VII (c. 474r: “Adì 15 Marzo 1586. Genera omnia rerum in his 7m libris contentorum excerpsi maximo cum studio ac labore ego Andreas Biancolinus. Laus Deo”).

Per individuare le mani di altri copisti, si sta rivelando importante l’incrocio dei dati con i risultati che il lavoro sugli stampati appartenuti ad Aldrovandi sta portando alla luce.

Il rilevamento sistematico in essi delle note di possesso di alcuni collaboratori rende possibile il confronto con le scritture dei manoscritti, dando luogo a utili chiarimenti.41 La redazione del ms. 46/1, per esempio, che contiene l’Elenchus tam animalium quam fossilium determinatæ figuræ quæ summo studio ac incredibili solertia depicta in eius Museo conseruantur, è stata affidata da Ulisse Aldrovandi a uno degli amanuensi che più spesso collaboravano con lui. Costui si sottoscrive con le sole iniziali a c. 397rB: “Laus Deo Unitrino. Hunc naturalium rerum depictarum omnium indicem octaua die Ianuarii inceptum anno 1582, die pariter octaua mensis Martii eiusdem anni Deo auspice ad finem perduximus. G.D.T.”. Da un confronto con la nota posta sul verso della carta finale del volume di Ammonius Hermiae In libros Aristotelis De interpretatione commentarii, pubblicato nel 1555 e conservato nella Biblioteca Universitaria di Bologna, si può identificare la mano con quella del belga (o forse olandese) Gulielmus Triulx, laureatosi a Bologna in filosofia e medicina nel 1579.42

Ma il confronto con gli stampati offre anche altre suggestioni. Il ms. 79 contiene le tavole sinottiche della Methodus ex Plinii Libro XIII cap. 11.3.4.5.6: le indicazioni desumibili dal manoscritto e l’argomento circoscritto hanno permesso l’indagine sul metodo di lettura e di classificazione dei testi messo a punto da Aldrovandi e dai suoi collaboratori attraverso il confronto con una delle edizioni dell’Historia naturalis di Plinio possedute da Aldrovandi.43

Anche l’osservazione delle legature e dei titoli sul taglio di piede di tutti i manoscritti ha sollevato alcuni interrogativi. Riflettendo sulla ‘predilezione’ da parte di Aldrovandi per legature in pergamena floscia o semirigida – lo si vede nei libri a stampa –, a volte di reimpiego (per es. sul ms. 42),44 ma anche sulla presenza di titoli apposti sul piatto anteriore da mano secentesca (rilevati per ora sui mss. 8.I e 89.II), ho ipotizzato che i piatti e le coperte in carta siano state montate all’arrivo dei libri presso il Palazzo Pubblico nel 1617 e poi recuperate nel corso della nuova rilegatura settecentesca, epoca cui si fa agevolmente risalire lo stile del dorso in pergamena. Da qui la grande difficoltà di risalire al ‘momento’ dell’allestimento dei volumi voluto dallo stesso Aldrovandi (Fig. 4).

Fig. 4. BUB, ms. Aldrovandi 42, piatto anteriore: pergamena di riuso.

Piuttosto complessa anche la ricostruzione cronologica delle segnature rilevabili sui manoscritti, sicuramente riferibili al sistema aldrovandiano delle ‘finestre’, cioè dei palchetti sui quali erano collocati i volumi delle ‘scaffe’ delle sale nella biblioteca di Aldrovandi, che in molti casi sono state depennate e sostituite da numeri poi riportati sui tagli di piede; quando, per ora, non è dato sapere (Fig. 5).45

Fig. 5. BUB, ms. Aldrovandi 20, c. 1r: Ulysses Aldrouandi et amicorum f 259.

La conclusione del lavoro di descrizione, forse, potrà chiarire tutti questi aspetti.

Quando il lavoro di catalogazione dei manoscritti conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna sarà stato completato, magari anche con la descrizione codicologica dei volumi con le tavole dipinte e dell’Erbario secco, sarà opportuno proseguire e integrare il progetto con la descrizione dei manoscritti individuati in altre biblioteche, non solo bolognesi. Di certo il punto di partenza per questa nuova indagine non potrà che essere l’Iter Italicum di Kristeller nel quale sono segnalati circa cinquanta manoscritti aldrovandiani, conservati in biblioteche italiane e straniere.46

Solo allora si potrà dire di essere prossimi a un livello di conoscenza del patrimonio librario di Aldrovandi davvero soddisfacente: ma, per questo, sarà importante che il dialogo tra specialisti – codicologici, paleografi, bibliotecari, storici della scienza, ma anche botanici, chimici, storici dell’illustrazione scientifica –, già necessario e dunque auspicabile in questa prima fase del lavoro, prosegua nello studio dei manoscritti e dei loro molteplici contenuti.


1 L’Edizione nazionale si è costituita con decreto del Ministro della Cultura 25 febbraio 2022, n. 76, e si è insediata a Roma il 24 marzo 2022, presso la sede della Direzione generale educazione, ricerca e istituti culturali. La Commissione Nazionale è presieduta da Marco Beretta e diretta da Monica Azzolini e Paolo Savoia. Sull’Edizione si veda “Il progetto di Edizione Nazionale”, Aldrovandiana. Historical Studies in Natural History, 1, no. 1 (2022): 95–116. https://aldrovandiana.it/article/view/21/18. La valorizzazione del patrimonio a stampa, che conta almeno 3900 esemplari, è coordinata da Giovanna Flamma della Biblioteca Universitaria di Bologna (BUB) e consiste nel completamento con le note di esemplare delle schede delle edizioni, già presenti nel Catalogo online del Polo bolognese del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN).

2 Istituto centrale per il catalogo unico. Laboratorio del manoscritto, Manus Online: https://manus.iccu.sbn.it/. Lettrici e lettori dovranno tenere conto che le riflessioni contenute in questo saggio riguardano in particolare i manoscritti già schedati e presenti in Manus Online alla data 26/6/2023.

3 Lodovico Frati, Catalogo dei manoscritti di Ulisse Aldrovandi, con la collaborazione di Alessandro Ghigi e Albano Sorbelli (Bologna: Zanichelli, 1907). Sulla biblioteca aldrovandiana si vedano, tra gli altri, i saggi di Alfredo Serrai, “Ulisse Aldrovandi”, Il Bibliotecario, 36–37 (1993): 1–24; Irene Ventura Folli, “La natura ‘scritta’: la ‘libraria’ di Ulisse Aldrovandi (1522–1605)”, in Bibliothecae selectae da Cusano a Leopardi, a cura di E. Canone (Firenze: Olschki, 1993), 495–506; Maria Cristina Bacchi, “Ulisse Aldrovandi e i suoi libri”, L’Archiginnasio. Bollettino della biblioteca comunale di Bologna, 100 (2005): 255–366; Caroline Duroselle-Melish, & David Lines, “The Library of Ulisse Aldrovandi (†1605): Acquiring and Organizing Books in Sixteenth-Century Bologna”, The Library (2015): 136–161.

4 Voglio qui ringraziare il Coordinatore gestionale Giacomo Nerozzi e le colleghe della BUB, in particolare Giovanna Flamma, e anche Rita Bertani, Martina Caroli, Stefania Filippi, Glenda Furini ed Elisa Pederzoli per la disponibilità e la competenza con cui stanno agevolando il mio lavoro; oltre che, naturalmente, Francesco Citti, presidente del Comitato scientifico della Biblioteca.

5 Piuttosto che limitare l’indicazione a una troppo essenziale scelta dalla vastissima bibliografia sulla conservazione dei beni librari, mi piace rimandare a un saggio nel quale vengono evidenziati da un lato i motivi sociali, economici e culturali e, dall’altro, la necessità di una maggiore consapevolezza dell’importanza di una corretta conservazione: Nadia Pedot, “Le parole rubate. Tra memoria e identità disperse”, Silenzi e parole, presenze e assenze: discorsi sulla scrittura, a cura di Adriana Paolini (Trento, Università di Trento. Dipartimento di Lettere e Filosofia, 2022): 113–138 (https://iris.unitn.it/retrieve/332d2f5a-40d7-40ac-8278-bcea1fe20c08/Q13_Silenzi%20e%20parole_OA.pdf).

6 La discussione sui termini e sui concetti legati ai manoscritti è da sempre molto viva. Rispetto al concetto di ‘contenuti’ si rimanda almeno a Patrick Andrist, Marilena Maniaci, “The Codex’s Contents: Attempt at a Codicological Approach”, in Exploring Written Artefacts. Objects, Methods, and Concepts, ed. Jörg B. Quenzer (Berlin-Boston: Walter de Gruyter 2021), 369–394.

7 Si fa riferimento alle sezioni di una scheda che comprende la descrizione esterna, quella interna precedute dalla descrizione anagrafica del manoscritto, e completata con le notizie storiche e la bibliografia, cfr. Guida a una descrizione uniforme dei manoscritti e al loro censimento (Roma: ICCU, 1990); Armando Petrucci, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi e modelli (Roma: Carocci, 2020).

8 Scrive Petrucci nella Descrizione del manoscritto, 12: “Si intende per descrizione l’esposizione espressa in ordine fisso e in modo omogeneo, di una serie di dati relativi agli elementi di natura fisica, testuale e storica di ciascun manoscritto, ritenuti essenziali e capaci di permetterne l’esatta individuazione patrimoniale e scientifica”.

9 Ragionano così e sollecitano interessanti punti di vista Roberto Mauro e Massimo Menna ne “Il bosco dei tituli”, in Bibliotheca encyclopaedica. Catalogo del fondo storico della Biblioteca dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, fondata da G. Treccani, a cura di Roberto Mauro e Massimo Menna (Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, 1997), vol. I, 5–8.

10 William Jerome Wilson, “Manuscript cataloguing”, Traditio 12 (1956): 457–555. A titolo di esempio, si vogliono qui ricordare le riflessioni sull’importanza della catalogazione raccolte e pubblicate in Teresa De Robertis e Nicoletta Giovè, Catalogazione, storia della scrittura, storia del libro. I manoscritti datati d’Italia vent’anni dopo (Firenze: Edizioni del Galluzzo, 2017).

11 Nel 1796, insieme a numerosi altri manoscritti e incunaboli dell’Istituto delle Scienze le tavole furono prelevati dai Commissari della Repubblica Francese e portati a Parigi, da cui tornarono con la Restaurazione. Si vedano, tra gli altri, Enzo Crea, Hortus pictus. Dalla raccolta di Ulisse Aldrovandi (Roma: Edizioni dell’Elefante, 1993); Andrea Ubrizsy Savoia, “Aldrovandi botanico”, in L’erbario di Ulisse Aldrovandi: natura, arte e scienza in un tesoro del Rinascimento, a cura di Biancastella Antonino (Milano: Motta, 2003), 28–49; Natura picta. Ulisse Aldrovandi, a cura di Alessandro Alessandrini e Alessandro Ceregato (Bologna: Compositori, 2007). L’intero Erbario Aldrovandi è visibile e consultabile on-line: SMA, Sistema museale di Ateneo, L’Erbario di Ulisse Aldrovandi, http://botanica.sma.unibo.it. Sull’erbario secco si veda almeno il saggio di Fabrizio Buldrini, Alessandro Alessandrini, Umberto Mossetti, Giovanna Pezzi, Juri Nascimbene, “L’erbario di Ulisse Aldrovandi: attualità di una collezione rinascimentale di piante secche”, Aldrovandiana. Historical Studies in Natural History ٢, no. 1 (2023): 7–34. https://aldrovandiana.it/article/view/87.

12 Tra questi ci sono manoscritti sia appartenuti ad Aldrovandi sia prodotti da lui e dai suoi collaboratori. Si veda, per avere le prime informazioni, Biblioteca universitaria di Bologna, Catalogo delle provenienze dei manoscritti, a cura di Patrizia Moscatelli (Bologna: [s.n.] 1996), 4.

13 A titolo di esempio si rimanda al ms. Aldrovandi 38/2 e ai tre volumi del ms. Aldrovandi 6, entrambi digitalizzati in AMS Historica, Collezione digitale di opere storiche, Ulisse Aldrovandi Manoscritti, https://historica.unibo.it/handle/20.500.14008/76565.

14 Per un primo censimento della corrispondenza aldrovandiana si veda il saggio di Noemi Di Tommaso, “Censimento preliminare della corrispondenza di Ulisse Aldrovandi”, Aldrovandiana. Historical Studies in Natural History 1, no. 2 (2022): 29–174, in cui si trovano altri riferimenti bibliografici relativi agli scambi epistolari di Aldrovandi. Molti dei suoi corrispondenti illustri si trovarono a visitare il suo Museo: si possono leggere i loro nomi nei mss. 41, 110, 136 (t. 17).

15 Andrea Ubriszy Savoia, “Il metodo sinottico, collante tra la Syntaxis plantarum di Ulisse Aldrovandi e le Tabulae Phytosophicae di Federico Cesi”, in Federico Cesi: un principe naturalista. Atti del Convegno, Acquasparta, 29 e 30 settembre 2003, a cura di Antonio Graniti (Roma: Bardi, 2006), 525–555.

16 Così nel ms. 89.II che contiene l’indice delle piante dell’Erbario secco ordinato secondo le carte: Elenchus agglutinatarum secundum ordinem chartarum ad commodiorem posterorum instructionem. Sul metodo di Aldrovandi si vedano Sandra Tugnoli Pattaro, Metodo e sistema delle scienze nel pensiero di Ulisse Aldrovandi (Bologna: Clueb, 1981), Giuseppe Olmi, L’inventario del mondo. Catalogazione della natura e luoghi del sapere nella prima età moderna (Bologna: Il Mulino 1992) e Bacchi, Ulisse Aldrovandi e i suoi libri, 304–313. Si legga anche il saggio di Fabian Kraemer & Helmut Zedelmaier, “Instruments of invention in Renaissance Europe: the cases of Conrad Gesner and Ulisse Aldrovandi”, Intellectual History Review 24, no. 3 (2014): 321–341. Sull’ars excerpendi si consulti, a titolo di esempio, Alberto Cevolini, De arte excerpendi. Imparare a dimenticare nella modernità (Firenze: Olschki, 2006), all’interno del quale si trova ampia bibliografia.

17 Questo titolo è in Frati, Catalogo dei manoscritti, 31. A c. 1r del vol. II si legge il titolo: De admirandis; a c. Ir del vol. III: Admirandorum Theusaurus seu Florilegium seu Anthologion utrum magis arriderit in quo non solum rerum naturalium et artificialium, sed et scientiarum artiumque omnium memorabilia continentur, aggiunto da mano cinquecentesca, probabilmente da uno dei collaboratori di Aldrovandi e a c. 1r del vol. IV: Historia admirandorum.

18 Anche gli indici del ms. 37 sono organizzati per schedine.

19 Vi sono testi di natura scientifica ma anche estratti dai documenti ufficiali del Consiglio. Per la bibliografia si veda, a titolo di esempio, Giuseppe Olmi, “Farmacopea antica e medicina moderna. La disputa sulla teriaca nel Cinquecento bolognese”, Physis 19 (1977): 197–246; Edoardo Rosa, “La teriaca panacea dell’antiquita approda all’Archiginnasio”, in L’Archiginnasio: il Palazzo, l’Università, la Biblioteca, a cura di Giancarlo Roversi (Bologna: Credito Romagnolo, 1987), vol. I, 327–328; Enrico Cevolani, Giulia Buscaroli, “Dispute sulla teriaca tra gli speziali e Ulisse Aldrovandi nella Bologna del XVI secolo”, Atti e Memorie - Rivista di Storia della Farmacia 1 (2018): 39–47. Sulla teriaca Aldrovandi pubblica Antidotarium a Bonon. med. collegio ampliatum ad ill.mum Senatum Bonon. cum dupl. tab. vna praesidiorum altera morborumBononiae, apud Victorium Benacium, 1606 (Bononiae, apud Victorium Benatium, 1606), uscito l’anno successivo alla sua morte.

20 Guido Dall’Olio, “Tribunali vescovili, inquisizione romana e stregoneria. I processi bolognesi del 1559”, in Il piacere del testo. Saggi e studi per Albano Biondi, a cura di Adriano Prosperi (Roma: Bulzoni 2001), vol. I, 63–82.

21 A c. Ir: Catalogus titulorum precipuorum materiarum que in his miscellane¸is pertractantur; a c. 1r: Catalogus omnium authorum quibus in describendo Historiam rerum inanimatarum usurus sum, a c. 19r: Catalogus classicorum ac pre¸cipuorum autorum à quibus potissimum est excerpenda utilis historia rerum omnium inanimaturum.

22 Dell’orto pubblico abbiamo già detto: è un tema che si ritrova in numerose lettere e anche in forma di trattato in alcuni manoscritti, per esempio nei mss. 2, 25, 40. In quest’ultimo, in cui si alternano fascicoli manoscritti a inserti a stampa, sono anche conservati dei disegni dell’Hortus patavinus, di mano di Laurenz Scholtz, medico e botanico di Breslau, corrispondente di Aldrovandi (cc. 82v–83r) e di una Delineatio Hortis di Hugo Blotius, anche questo autografo (cc. 84v–85r).

23 Paulina Oszajca, “Opere di Mattioli e degli altri naturalisti italiani nelle raccolte delle biblioteche cracoviane”, Atti e memorie. Rivista di storia della farmacia 2 (2016): 141–150. Su Fox anche Notitia doctorum, sive Catalogus doctorum qui in collegiis philosophiae et medicinae Bononiae laureati fuerunt ab anno 1480 usque ad annum 1800, a cura di Giovanni Bronzino (Milano: Giuffrè, 1962), 70; e Bacchi, Ulisse Aldrovandi e i suoi libri, 320–321.

24 Archivio di Stato di Bologna, Senato, Instrumenti, Scritture et altro, C. 22, fasc. 2, citazione ripresa da Maria Cristina Tagliaferri e Stefano Tommassini, “Microcosmos naturae”, in Hortus pictus: dalla raccolta di Ulisse Aldrovandi, a cura di Enzo Crea (Roma: Edizioni dell’Elefante, 1993), 44. I nomi dei copisti sono elencati nel ms. 110 alle cc. 235r–250r (cfr. Bacchi, Ulisse Aldrovandi e i suoi libri, 300–303).

25 Si tratta dei mss. 45, 56, 60–64 con le lezioni di filosofia e del ms. 77 contenente i commenti all’opera di Dioscoride.

26 “Il Testamento di Ulisse Aldrovandi 1603”, in Giovanni Fantuzzi, Memorie della vita (Bologna: Della Volpe Lelio, 1774), 67–85, cit. pp. 77–78.

27 Archivio di Stato di Bologna, Assunteria di studio, b. 100, n. 6: Carte relative allo studio Aldrovandi; la prima parte del documento si intitola Inventario dello studio dell’Aldrovandi. Sullo Studio aldrovandiano in Palazzo Pubblico si vedano almeno Cristiana Scappini, Maria Pia Torricelli, Lo Studio Aldrovandi in Palazzo Pubblico (1617-1742), a cura di Sandra Tugnoli Pattaro (Bologna: Clueb, 1993); Irene Ventura Folli, “Per una bibliografia su Ulisse Aldrovandi”, in Animali e creature mostruose di Ulisse Aldrovandi, a cura di Biancastella Antonino (Milano: Motta 2004), 250–254, (disponibile sul sito della BUB, https://bub.unibo.it/it-it/bublife/maggio-2006/bibliografie-tematiche/per-una-bibliografia-su-ulisse-aldrovandic7b6.html?idC=61727&LN=it-IT); David A. Lines, “La biblioteca di Ulisse Aldrovandi in Palazzo Pubblico: un inventario seicentesco”, in Biblioteche filosofiche private. Strumenti e prospettive di ricerca, a cura di Renzo Ragghianti e Alessandro Savorelli (Pisa: Scuola Normale Superiore, 2014), 133–152.

28 BUB, ms. 595 Y 1.

29 Su alcuni manoscritti sono ancora rilevabili le segnature apposte dallo stesso Montefani. Sulla collezione dei manoscritti della BUB si legga Rita De Tata, “Per Instituti aedes migraverit: la collocazione dei manoscritti della Biblioteca Universitaria di Bologna dalle origini ai nostri giorni”, L’Archiginnasio 88 (1993): 323–418.

30 Ai singoli manoscritti, che presentano una segnatura numerica progressiva da 1 a 150, si aggiungano i numeri 151–153 che sono stati successivamente attribuiti a tre antichi erbari illustrati appartenuti ad Aldrovandi, per i quali cfr. Ai confini della scienza. L’alchimia nei fondi della Biblioteca Universitaria di Bologna, Catalogo della mostra, a cura di Biancastella Antonino, Rita De Tata, Patrizia Moscatelli (Bologna: Biblioteca Universitaria, 2014), 37–38. Nelle schede recuperate dal catalogo e inserite in Manus Online è possibile trovare altra bibliografia.

31 Si vuole qui ricordare il corretto stile citazionale dei manoscritti aldrovandiani, aggiornato e uniformato in occasione dei progetti di valorizzazione in corso, es.: BUB, Ms. Aldrovandi 147, BUB, Ms. Aldrovandi 21/1; per i volumi con le tavole acquerellate: BUB, Ms. Aldrovandi, Tavole di animali, vol. 8, BUB, Ms. Aldrovandi, Tavole di piante, fiori e frutti, vol. 7, BUB, Ms. Aldrovandi, Volume unico, Miscellanea di animali e piante. Per i volumi a stampa: BUB, A.V.EE.III.7, BUB, A.IV.H.III.8/1.

32 Definiti e descritti come compositi sono i manoscritti contenenti opere in più volumi. Rinunciare alla descrizione delle singole unità codicologiche, che in molti volumi superano il centinaio, è stata una scelta necessaria per abbreviare i tempi di schedatura, anche se poi le caratteristiche delle unità, laddove possibile, sono state messe comunque in evidenza.

33 In parallelo al lavoro di catalogazione, ho avviato il censimento delle filigrane aldrovandiane, organizzandole in un database. L’auspicio è che possa essere messo a disposizione sul sito della BUB e poi condiviso anche nel portale Bernstein -The memory of paper (https://www.memoryofpaper.eu/BernsteinPortal/appl_start.disp). Ringrazio Timoty Leonardi, della Fondazione Biblioteca Capitolare di Verona e membro italiano del gruppo di lavoro del portale Bernstein, per i suggerimenti utili e la disponibilità a discutere con me possibili ipotesi di lavoro sulle filigrane.

34 Oltre all’inserimento della data, in Manus è prevista la possibilità di specificare se si tratti di datazioni espresse, desumibili e stimate.

35 Il ms. 29 contiene uno dei cataloghi della biblioteca aldrovandiana, che copre il periodo dal 1558 al 1580. Il ms. 107 riguarda il periodo dal 1580 al 1582, mentre il ms. 147, datato 1583, è ritenuto il catalogo più completo. Il catalogo per materie si trova nei dodici volumi del ms. 148, compilato tra il 1582 e il 1583. Sui cataloghi si vedano almeno l’introduzione di Frati, Catalogo, VI–XII e Bacchi, Ulisse Aldrovandi e i suoi libri, 267–281.

36 Vlyssis Aldrouandi … Ornithologiae hoc est De auibus historiae libri 12. … Cum indice septendecim linguarum copiosissimo, Bononiae: apud Franciscum de Franciscis Senensem, 1599–1603 (Bononiae: apud Ioannem Baptistam Bellagambam, 1603).

37 Estremamente impegnativa sarà la catalogazione dei 32 volumi del ms. 136, contenenti migliaia di testi di natura non omogenea finora solo in parte studiati.

38 La segnalazione dell’incipit e dell’explicit ha almeno una finalità descrittiva e di tutela del manoscritto, dal momento che sono testi finora difficilmente definibili o identificabili, poiché si tratta di scritti derivati da osservazioni e riflessioni dello stesso Aldrovandi o di estratti da altre opere di cui non sempre si hanno i riferimenti.

39 A oggi, Manus offre la possibilità di inserire un solo termine e nel caso dei manoscritti aldrovandiani non è quasi mai sufficiente. Da valutare anche l’opportunità di seguire le diverse versioni di un trattato: per esempio i mss. 19/1, 19/2 e 84 (pp. 1–34) contengono tre redazioni della stessa opera, Discorso sopra certi escrementi ritrouati in gran copia nelle ruine di Modigliana, li quali sono odorati à guisa di muschio della gazella (o Moscologia), dedicata al cardinale Ottavio Bandini, vicelegato di Bologna dal 1593 al 1595. Con buona probabilità il testo contenuto nel ms.84 è il primo dei tre, considerando la tipologia di interventi, correzioni, aggiunte e ripensamenti, sempre della stessa mano. La seconda redazione è nel ms. 19/1 mentre l’ultima, scritta in un’italica calligrafica, è conservata nel ms. 19/2.

40 Sulla carta e i cartai a Bologna l’indagine si è concentrata soprattutto sul sec. XVIII: Pierangelo Bellettini, Carta, cartari e mulini da carta a Bologna nel XVIII secolo, tesi di perfezionamento, Università degli Studi di Parma, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di perfezionamento in biblioteconomia e bibliografia, a.a. 1984/1985; dello stesso autore si leggano “Cartiere e cartari”, in Produzione e circolazione libraria a Bologna nel Settecento: avvio di un’indagine. Atti del 5° Colloquio, Bologna, 22–23 febbraio 1985 (Bologna: Istituto per la storia di Bologna, 1987), 17–89; e “Il gonfalone, l’ancora e la stella: filigrane bolognesi nella prima metà del 18. Secolo”, L’Archiginnasio 91 (1996): 164–203. Alcune informazioni anche in Rita De Tata, Il commercio librario a Bologna tra XV e XVI secolo (Milano: Franco Angeli, 2021) e in Giovanni Bonifati, Dal libro manoscritto al libro stampato. Sistemi di mercato a Bologna e a Firenze agli albori del capitalismo (Torino: Rosenberg & Sellier, 2008).

41 La descrizione della scrittura è questione molto delicata: nel campo di Manus dedicato alla scrittura si dà conto, per ora, di un ambito di scrittura delle mani (per es. l’italica), e del numero di copisti individuati. Appena avviato è il progetto per un catalogo cartaceo dei manoscritti aldrovandiani a cura di chi scrive, di Giovanna Flamma e di Giacomo Nerozzi che verrà pubblicato nella collana diretta dalla Commissione Indici e Cataloghi del Ministero della Cultura. Tra i saggi che accompagneranno il catalogo è previsto l’approfondimento sulla cerchia di collaboratori e di copisti di Ulisse Aldrovandi, meritevole di una ricerca che parta dalla catalogazione ma che deve seguire altri percorsi.

42 Ammonii Hermeae In libros Aristotelis De interpretatione commentarii. Bartholomaeo Syluanio … interprete. Cum indice, quo omnia quae in hoc libro notatu digna sunt, locupletissimè exponuntur, Venetiis: [Pietro Bosello], 1555 (Venetiis: apud Io. Gryphium, 1555) (A.V.DD XVI. 40/1). La nota Gulielmus Triculx et amicorum è sul frontespizio; a p. 394 si legge totum perlegi ego G Triulx, 22 agosto 1578. Su Triulx cfr. Notitia doctorum, 85 e Bacchi, Ulisse Aldrovandi e i suoi libri, 300–303.

43 C. Plinii Secundi, Historiae mundi libri 37. Maiore, quam hactenus vnquam, studio, fide, religione emendati. Adiectis ad marginem succinctis quibusdam castigatiunculis, … Vnà cum indice totius operis copiosissimo, … – (Lugduni: apud Ioannem Frellonium, 1553) (BUB, A.V.EE.III.7). Per avermi offerto la possibilità di questo confronto, ringrazio Giovanna Flamma che ha rintracciato il volume sugli scaffali della BUB e che sta approfondendo le connessioni tra la Methodus del ms. 77 e il testo per una prossima pubblicazione. Una ricerca analoga è stata fatta da Maria Gioia Tavoni, “Nel laboratorio di Ulisse Aldrovandi: un indice manoscritto e segni di lettura in un volume a stampa”, Le Paratexte 6 (2010): 67–80, che analizza l’esemplare contenente l’Asinus Aureus di Apuleio, stampato a Bologna da Faelli nel 1500 e conservato in BUB (A.V.KK.VII.38): Commentarii a Philippo Beroaldo conditi in Asinum Aureum Lucii Apuleii. Mox in reliqua opuscula eiusdem annotationes imprimentur (Impressum hoc opus Bononiæ: a Benedicto Hectoris impressore solertissimo, adhibita summa diligentia, ut in manus hominum ueniret quam emendatissimum, 1500 Cal. Augusti [1.VIII.1500]).

44 Bacchi, Ulisse Aldrovandi e i suoi libri, 283–288 individua nella bottega del legatore bolognese Lorenzo Belloni, tra i fornitori di Aldrovandi, il luogo di provenienza dei libri rilegati con pergamene di riuso.

45 Cfr. Frati, Catalogo, VII e Bacchi, Ulisse Aldrovandi e i suoi libri, 263–266 et passim.

46 Iter italicum. A finding list of uncatalogued or incompletely catalogued humanistic manuscripts of the Renaissance in Italian and other libraries compiled by Paul Oskar Kristeller (Leiden: Brill; London: Warburg Institute, 1965–).